Dow Jones Financial Information Services: Acciaio non segue ribassi dei metalli di base. Nelle ultime settimane il mercato dei metalli non ferrosi ha subito una marcata correzione. Dopo un’accelerazione che l’11 gennaio ha portato il prezzo del contratto a tre mesi del rame scambiato sul London Metal Exchange (Lme) a 7.700 USD/t, si è assistito a un marcato ‘sell off’ che ha portato i prezzi poco sopra i 6.260 USD/t il 5 febbraio. Un livello, quello raggiunto ai primi del mese dal ‘Dr Copper’, come viene amichevolmente chiamato dagli analisti per via del suo saper anticipare i trend dell’economia mondiale, che ha ingolosito gli investitori e direttori acquisti più attenti. Tanto che in questi giorni i prezzi del rame sono tornati oltre i 7.000 USD/t provando a ripristinare il trend rialzista.
Tale ‘saliscendi’ si verificherà anche per l’acciaio? Stando alle opinioni raccolte da AcciaioReport sarà alquanto improbabile. La prima, non trascurabile, differenza tra mercato dell’acciaio e mercato dei non ferrosi è rappresentato dalla presenza dei fondi di investimento.
Come spiega ad AcciaioReport Eugen Weinberg responsabile del settore commodity di Commerzbank, gli ultimi sviluppi a cui si è assistito sul settore dei non ferrosi “hanno ben poco a che fare con l’equilibrio tra domanda e offerta, mentre hanno giocato un ruolo sicuramente più importante fattori ‘esogeni’ come il tasso di cambio, la crescita del pil mondiale, i dati sull’inflazione, l’avversione al rischio e i mercati azionari”. Insomma, tutti elementi fondamentali nella gestione delle commodity viste non come bene fisico ma come asset finanziario.
“L’emergenza scoppiata con la crisi del debito greco – spiega – ha alimentato tra gli investitori la percezione dell’euro come valuta instabile, favorendo così di conseguenza il dollaro Usa. E, visto che il rafforzamento della divisa statunitense coincide generalmente con un indebolimento del prezzo delle materie prime, ecco spiegato il motivo dietro l’ondata di vendite delle ultime settimane. La maggiore avversione al rischio da parte degli investitori ha portato a un calo delle valutazioni del rame via via che la crisi greca ha assunto proporzioni maggiori. Una situazione, questa, diametralmente opposta a quella di qualche settimana prima, quando invece la percezione del rischio era bassa, insolitamente bassa”.
Una seconda importante differenza che lascia intendere come nell’acciaio non si verificheranno i cali a cui si è invece assistito sui non ferrosi è rappresentata dall’azione da parte delle acciaierie determinate più che mai a ‘scaricare’ sulla parte media della filiera l’aumento dei prezzi del minerale di ferro e carbone da cokeria causati a loro volta dalla forte richiesta cinese.
Come documenta molto approfonditamente Colin Hamilton di Macquarie Research, nel 2010 il prezzo della materia prima inciderà sul prezzo di vendita dei coils a caldo per il 65%. Cifra questa che sale al 70% nel caso delle acciaierie che acquistano materia prima sull’ ‘open market’. “Nel 2008 tale situazione – dice l’esperto di Macquarie – ha giocato a favore dei produttori di acciaio in considerazione della situazione di carenza di offerta nel mercato. Negli anni del ‘boom’ i prezzi dell’acciaio – prosegue – erano di fatto anelastici rispetto alla domanda, aumentando i margini di profitto.
Oggi la situazione è profondamente diversa: con una produzione globale inferiore del 10% rispetto ai picchi massimi e una marcata sovraccapacità, le preoccupazioni relative l’erosione dei margini diventano molto più pertinenti”. Secondo Hamilton, a prescindere di quello che sarà il prezzo finale dell’acciaio nel 2010, non vi è alcun dubbio che i prezzi nella parte bassa della filiera dovranno necessariamente crescere dal livello attuale per evitare che la ‘morsa’ dei costi vada a intaccare nel profondo la marginalità dei produttori.
La posizione dell’analista di Macquarie è in linea con quanto raccolto dagli ambienti Marcegaglia. “Nelle ultime settimane alcuni buyer si sono effettivamente posti l’interrogativo sulla concreta possibilità che i prezzi siderurgici possano assistere a un calo simile a quello registrato dai metalli non ferrosi – spiegano – ma a nostro avviso è difficile che tale scenario si possa verificare. Perché, se è vero che il mercato sta dando segnali di nervosismo in termini di consumo reale, la verità è che l’acciaio a livello internazionale sta avendo un deciso trend di recupero”.
A sostegno di ciò giungono anche gli ultimi rumor secondo cui gli accordi tra Cina e Australia sulle forniture del minerale d ferro sarebbero state chiuse con un rincaro del 40% rispetto al benchmark del 2009.
Oltre al fattore costi non è da trascurare neppure la forte disciplina tra i produttori in termini di prezzi che sta superando di fatto le resistenze degli utilizzatori”. “Prevediamo che il coils a caldo arriverà ai 500 EUR/t prima di iniziare a retrocede leggermente”, prevedono da Gazoldo degli Ippoliti.
Con queste premesse dunque non sembra esserci molto spazio per i buyer di acciaio a caccia di occasioni. Oltre ai fattori già elencati (poca incidenza della finanza nel settore siderurgico rispetto a quello dei non ferrosi, forte disciplina da parte dei produttori) interviene un terzo non meno influente che rende oggi poco utile una strategia di approvvigionamento del ‘wait-and-see’: il forte deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro che veleggia in questi giorni intorno al livello di 1,37. Tale dinamica sta infatti rendendo appetibili le esportazioni di acciaio dall’area euro verso i paesi del Maghreb e del Medio Oriente accrescendo ulteriormente il già forte potere contrattuale dei produttori europei nei confronti degli utilizzatori.
Nichel – da Natixis, attesa crescita della domanda in 2010 grazie ad aumento ouput acciaio Inox Nel corso del 2010, il mercato del nichel sarà sostenuto dall’aumento della produzione di acciaio Inox.
E’ quanto afferma la divisione di ricerca sulle materie prime della banca Natixis, che prevede per quest’anno un incremento della domanda di nichel pari al 10,3%, atteso soprattutto nel secondo semestre. Il risultato, per Natixis, è che il surplus sarà limitato nel 2010 a 16.000 tonnellate e che i prezzi del nichel si attesteranno a un valore medio di 19.340 USD/t.
La situazione migliorerà ulteriormente nel 2011 quando, per la prima volta dal 2006, il mercato verserà in una condizione di deficit; l’istituto avverte però che il deficit sarà decisamente contenuto, pari ad appena 6.000 tonnellate, in quanto la maggiore domanda di nichel si scontrerà con una forte crescita dell’offerta.
Parte del nuovo output arriverà molto probabilmente dalla miniera di Goro che, con una capacità di 60.000 tonnellate l’anno, dovrebbe diventare operativa nel 2011; e un altro contributo all’offerta è atteso dalla miniera di Onca Puma, con 58.000 tonnellate l’anno. Di conseguenza, Natixis prevede che le quotazioni del nichel si attesteranno in media a 19.340 USD/t, anche nel 2011.
In realtà, la situazione non è proprio delle migliori: e ad ammetterlo è la stessa banca, che fa riferimento al problema delle scorte di nichel presenti nei magazzini del London Metal Exchange: queste sono salite infatti di ben 10.725 tonnellate a gennaio, registrando un nuovo incremento di 8.000 tonnellate nel mese di febbraio.
In più, le importazioni cinesi di nichel hanno rallentato il passo in modo significativo, dopo aver testato un valore record nel luglio del 2009.
Basti pensare che lo scorso novembre le importazioni complessive sono state di appena 12.018 tonnellate, in calo di ben il 74% rispetto alle quantità importate a luglio.
Tra l’altro, si prevede che tale trend proseguirà – dunque che le importazioni cinesi scenderanno ancora – sia per gli elevati prezzi del nichel scambiato sull’Lme, sia per l’abbondante quantità dell’output presente in Cina (i numeri parlano di una produzione di nichel raffinato che nel 2009 è salita nel paese del 23%, a 279.000 tonnellate).
Gli ostacoli sono tali, che Natixis presenta anche uno scenario alternativo, peggiore rispetto a quello di cui sopra e caratterizzato da una fase di rallentamento economico più forte delle attese, che potrebbe vedere i prezzi del nichel scendere fino a 17.500 USD/t nel 2010 e a 17.000 USD/t nel 2011.
Detto questo, il gruppo non esclude neanche un outlook migliore e parla della possibilità che la produzione di acciaio Inox cresca in modo più sostenuto rispetto alle stime: se tale situazione si avverasse, a suo avviso le quotazioni del nichel potrebbero arrivare a toccare i 20.050 USD/t nel 2010 e i 22.000 USD/t nel 2011.
D’altronde, continua Natixis, è vero che l’offerta di nichel sembra proiettata per ora verso un trend di maggiore crescita, ma è altrettanto vero che esiste molta incertezza sui progetti HPAL di prossima generazione. E’ necessario ricordare, infine, l’importante contributo che arriva dal settore dell’acciaio Inox, confermato anche dalle ultime dichiarazioni rilasciate dai colossi attivi nell’industria. Acerinox, per esempio, ha reso noto che ha intenzione di aumentare la produzione del suo impianto Algeciras dal 50% al 70%, grazie all’aumento ravvisato negli ordinativi. E in generale molti produttori europei di acciaio Inox valutano la possibilità di incrementare i prezzi base dei loro prodotti, a febbraio e nell’arco dei prossimi mesi.
Per questo, Natixis è convinta che, per il mercato dell’acciaio Inox, il peggio sia ormai passato. E questo fattore è sicuramente determinante per le quotazioni del nichel.