Polizze in Responsabilità Ambientale e Assicurazioni Green: scatta l’allarme: solo lo 0,45% delle aziende italiane è dotato di una copertura completa per i danni all’ambiente.
Le imprese italiane non sono assicurate contro i danni all’ambiente: sono, infatti, solo lo 0,45% le aziende Made in Italy (microimprese, PMI e multinazionali) che si sono dotate di una polizza assicurativa per i danni alle risorse naturali.
È quanto emerge da un’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente, consorzio di coriassicurazione nato nel 1979 dopo il disastro ambientale di Seveso e centro d’eccellenza nazionale per quanto riguarda il know-how sui rischi ambientali e sui sinistri, sulla base dei dati relativi all’anno solare 2021 della prima rilevazione statistica condotta da ANIA – Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici, a livello nazionale, sulla diffusione delle polizze di responsabilità ambientale tra le aziende.
Sul podio dei settori più assicurati troviamo quello dei rifiuti (19,12%), grazie anche all’obbligo di legge, introdotto nel 1999 dalla Regione Veneto, per le imprese attive nel settore di sottoscrivere una polizza assicurativa e una fidejussione a favore della Regione per i danni all’ambiente. Senza tale obbligo, infatti, la percentuale di imprese nazionali del settore rifiuti con una polizza ambientale attiva scenderebbe al 7,66%, secondo una stima effettuata in base ai dati di portafoglio del Pool Ambiente.
Completano il podio dei settori più assicurati contro i danni all’ambiente il chimico (6,97%) e il petrolifero (3,52%). In fondo alla classifica, sotto alla media nazionale, troviamo invece i settori del tessile e della lavorazione pelli (0,40%), trasporti (0,37%), carta, legno e stampa (0,36%), civile, commerciale e turismo (0,02%).
Estendendo, a livello regionale, l’analisi circa la diffusione delle polizze per danni all’ambiente scopriamo come sia il Veneto, con l’1,33%, l’unica regione italiana con una percentuale di diffusione delle polizze per danni all’ambiente superiore all’1%, davanti a Liguria (0,63%), Basilicata (0,55%), Abruzzo (0,49%), Piemonte (0,48%), Emilia Romagna (0,46%) e Umbria (0,45%).
La Lombardia, invece, con lo 0,42% è tra le 13 regioni italiane che figurano sotto la media nazionale per la diffusione delle polizze assicurative contro i danni provocati dalle imprese all’ambiente ma si può consolare con la conquista del primo posto, a livello nazionale, per la raccolta premi (26%), davanti a Veneto (21%), Lazio (11%), Emilia-Romagna e Piemonte (7%) e Toscana (6%).
Chiudono la classifica per la raccolta premi Calabria, Basilicata, Molise e Valle d’Aosta.
“Le ragioni della scarsa diffusione, tra le imprese italiane, delle polizze assicurative per danni ambientali sono molteplici e spesso intrecciate tra loro. In particolare, vi sono alcuni luoghi comuni e concezioni errate diffuse nel nostro Paese tra aziende, intermediari assicurativi, media, consumatori e Istituzioni che ostacolano la diffusione di questo tipo di copertura – dichiara Tommaso Ceccon, presidente di Pool Ambiente – Con la sola eccezione della Regione Veneto per il settore dei rifiuti, in Italia non esistono, infatti, altri obblighi rispetto alla stipula di polizze per danno ambientale, e ogni altro riferimento normativo europeo ad obblighi di stipula (es. Direttiva sulle Emissioni Industriali) non è di fatto applicato”.
Le polizze per danni all’ambiente hanno un importante valore sociale e ambientale, con benefici diretti sulla sfera economica, sociale e ambientale, sia a livello locale sia nazionale.
La sottoscrizione di una polizza per danni all’ambiente è quindi un fondamentale strumento che contribuisce alla sostenibilità dell’impresa e al miglioramento del suo rating ESG. A fronte di così importanti benefici è evidente come una maggiore diffusione delle coperture per danni all’ambiente porterebbe importanti vantaggi di cui beneficerebbero cittadini, imprese e Istituzioni.
Quali potrebbero essere le azioni concrete da implementare, a livello nazionale, per incentivare le imprese a sottoscrivere delle polizze ambientali?
“Una possibile soluzione da implementare a livello di legislazione nazionale potrebbe essere quella di riconoscere dei vantaggi economici alle aziende che sottoscrivono una polizza ambientale, premiandole ad esempio nel punteggio per la partecipazione alle gare d’appalto – prosegue Ceccon – Oltre ad enfatizzare l’utilizzo e l’impiego dell’assicurazione contro i danni ambientali come strumento di sostenibilità, nel calcolo del rating ESG, nel report di sostenibilità. In generale – conclude Ceccon – per raggiungere l’obiettivo di una maggiore diffusione di questo tipo di coperture sarebbe importante sviluppare un’azione coordinata, a livello nazionale ed europeo, per contribuire allo sviluppo di una cultura del rischio ambientale e ad una maggiore cultura assicurativa”.
Una finalità, quella di promuovere iniziative concrete sulla cultura assicurativa del rischio ambientale, condivisa anche dall’ANIA – Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici e dall’AIBA – Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni.
“Quello che vogliamo far comprendere alle aziende è l’importanza di dotarsi di un adeguato ombrello protettivo a livello assicurativo – dichiara ANIA – Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici – Uno strumento fondamentale per garantire la continuità aziendale e la sopravvivenza dell’impresa nel momento in cui quest’ultima si viene a trovare in un momento di crisi e difficoltà a causa di un evento di danno ambientale. Nell’ottica di un aumento della base assicurativa sarebbe opportuno promuovere delle campagne di sensibilizzazione sul tema”.
“La carenza di una reale cultura in tema di inquinamento ambientale da parte delle imprese è oggi probabilmente l’ostacolo principale a un vero cambio di passo – spiega Flavio Sestilli, Presidente di AIBA – Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni – La tutela di beni comuni come le risorse idriche, il suolo o il paesaggio, non può essere lasciato alla sola iniziativa privata e all’opportunismo di chi per troppo tempo ha scaricato sulla collettività le “esternalità negative” del proprio operato. Il nostro ruolo di Broker è da un lato quello di accompagnare le aziende verso una maggiore consapevolezza dell’esposizione al rischio e delle soluzioni esistenti per prevenirlo, mitigarlo e gestirlo, con l’obiettivo di incentivarle ad adottare comportamenti che siano il più possibile virtuosi e sostenibili, nel pieno rispetto dell’ambiente e del contesto sociale in cui viviamo. Dall’altro lato abbiamo il compito di continuare a stimolare il mercato assicurativo nella formulazione di risposte nuove e sempre più adeguate alle esigenze mutevoli delle aziende.”
L’Italia ha sviluppato prodotti assicurativi ad hoc per la copertura dei rischi di danno ambientale fin dal 1979, anno di fondazione del Pool Ambiente. La presenza del consorzio Pool Ambiente ha permesso negli anni a un numero sempre più elevato di compagnie assicurative di operare in questo settore e, oggi, il mercato assicurativo italiano dei rischi ambientali conta più di 20 compagnie di assicurazione attive nell’offerta di questo tipo di copertura. Anche i riassicuratori professionali partecipano a questa tipologia di rischio contribuendo a far sì che sul mercato ci sia ampia capacità.
Cosa succede quando si verifica un danno all’ambiente e l’azienda non è assicurata?
In assenza di una polizza, l’azienda deve essere in grado di gestire in autonomia e sostenere i costi con riferimento agli obblighi previsti dalla normativa italiana su bonifiche e ripristino delle risorse naturali danneggiate. Qualora l’impresa non sia in grado di far fronte a tali obblighi e relative spese, che possono raggiungere anche diversi milioni di euro, è la Regione che deve farsi carico degli interventi, sempre che abbia risorse sufficienti per farlo.
Non di rado quello che accade nel nostro Paese è che l’azienda responsabile, priva di una copertura assicurativa per i danni all’ambiente, fallisce, la Regione non riesce a sostenere le spese di bonifica e a rimetterci è l’intera comunità che deve aspettare anche svariati anni prima che siano stanziati fondi sufficienti dallo Stato per bonificare la falda contaminata, il terreno e i corpi idrici inquinati, le specie e gli habitat compromessi. Non dimentichiamo, infine, che se non c’è la polizza incendio ci rimette l’azienda, se non c’è la polizza per i danni all’ambiente ci rimettiamo tutti.