Dow Jones Financial Information Services: ferro: no a contratti trimestrali. Oramai è questione di giorni se non di ore. I principali produttori mondiali di minerale di ferro, la brasiliana Vale Rio e l´australiana Bhp Billiton annunceranno il raggiungimento dell´accordo con le acciaierie cinesi per l´adozione di un nuovo modello per la fissazione dei prezzi di fornitura su base trimestrale. Si tratta di un cambiamento che definire epocale se si considera negli ultimi 40 anni i rapporti tra colossi minerari e produttori di acciaio erano determinati da accordi a cadenza annuale. Ma come reagiranno i grandi buyer alle richieste della siderurgia di accorciare i contratti di fornitura? AcciaioReport lo ha chiesto ai principali direttori acquisti nel settore dell´automotive e degli elettrodomestici. I quali hanno risposto: “non ci sono le condizioni per contratti trimestrali, ci opporremo con tutte le forze”.
A non lasciare spazio a fraintendimenti ci pensa subito Matthias Gierse, responsabile delle vendite di ThyssenKrupp Steel: “la scomparsa del meccanismo dei prezzi basato sul benchmark aumenterà l´incertezza sul mercato. Nel futuro nessuno sapra´ quale direzioni prenderanno i prezzi. Tali cambiamenti avranno un effetto su tutti i settori a valle. Cio´ significa che Thyssen non firmerà più contratti di lungo termine con il settore auto, farlo ci ucciderebbe.
I clienti che non accetteranno questo cambiamento dovranno rivolgersi altrove”. “L´unica concessione possibile – conclude – è impegnarsi con il cliente dal punto di vista della quantità di materiale necessaria a livello annuale ma certo non dal punto di vista del prezzo”. “Sono sicuro che sia Bhp Billiton che Vale riusciranno a far accettare (alle acciaierie) il sistema dei prezzi fissato su base trimestrale prevede Colin Hamilton di Macquarie – il risultato sarà una maggiore volatilità dei prezzi, a cui le aziende risponderanno introducendo per l’appunto un sistema che vedrà il prezzo base essere aumentato mensilmente di una soprattassa, come avviene nel mercato dell’acciaio inox”.
L’invito non è raccolto dai diretti interessati. “Attualmente abbiamo condizioni che ci coprono su base annuale – dice un direttore acquisti nel settore auto – questa ipotesi della trimestralizzazione ci metterebbe in seria difficoltà, faremo una resistenza totale anche in sede comunitaria”: Stando al manager, “questa situazione è drogata dalla Cina”. “In Europa non sta accadendo nulla che giustifichi l´adozione di questo nuovo meccanismo sui prezzi, non vedo alcun segnale di vera ripresa. Come faremmo a trasferire i maggiori costi della materia prima sui nostri clienti? Credo però che oggi l´attesa sia l´arma migliore. E´ chiaro infatti – prosegue – che i colossi minerari stanno sfruttando il boom della domanda cinese per imporre i loro prezzi.
Ma oggi neppure il mercato USA puo´ assorbire questi aumenti”. Stando al direttore acquisti, insomma, sta ora ai produttori di acciaio gestire la patata bollente. “Hanno avuto i loro momenti di gloria nel passato, proprio come noi. Credo che ora possano anche vivere dei momenti di tristezza. Ci sono molte acciaierie che possono contare su sbocchi in mercati che stanno registrando ottime performance. Troveranno il modo per andare avanti. Con i produttori locali vedremo che cosa potremo fare”. Sulla stessa lunghezza d´onda un buyer nel settore della componentistica. “Io credo che per prima cosa bisogna fare dei distinguo tra Cina ed Europa. Mentre infatti la prima e´ maggiormente pronta ad accettare nuovi termini di fornitura perchè consumano tanto minerale di ferro da noi il mercato è ancora asfittico e lo sarà per almeno due anni. Per cui le acciaierie faranno molta fatica a imporre contratti trimestrali a dei clienti che fanno budget annuali. Comunque – prosegue – credo che la vera risposta l´avremo nel medio periodo, non ora. Prevedo che alla fine le acciaierie saranno costrette ad accettare accordi non inferiori ai sei mesi. Insomma, si trovera´ una via di mezzo. Abbiamo già il rame che fa le bizze, andare ad aggiungere un ulteriore elemento incertezza non sarebbe il massimo”. Detto questo, conclude il buyer. “la vera battaglia si condurrà sul piano delle efficienze per cercare di recuperare i costi”.
Aggiunge il direttore acquisti di un produttore di elettrodomestrici “un’acciaieria ci ha già ventilato a mezza bocca il contratto trimestrale o addirittura indicizzato all’aumento del prezzo del minerale di ferro, ma nel settore del bianco ancor più che in quello dell’auto non ci sono assolutamente le condizioni per traferire a valle gli aumenti dei prezzi”. “Il fornitore ci ha proposto di fare delle coperture finanziarie sul minerale di ferro – prosegue il buyer – ma a noi francamente servirebbero coperture sull’acciaio più mirate.
Il rialzo del prezzo del minerale di ferro non è comunque un problema nostro, sono i produttori di acciaio che devono coprirsi dalle oscillazioni della materia prima, non noi”. Spiega un analista “la spinta di Vale e Bhp all´adozione di un meccanismo dei prezzi su base trimestrale nasce dalla crescente importanza che il mercato spot del minerale di ferro ha acquisito negli ultimi anni rispetto a quello benchmark. Se infatti storicamente il mercato spot incideva per appena il 10% del mercato complessivo del mercato, oggi la percentuale e´ salita del 50%. Se a questo poi si aggiunge il fatto che oggi sul mercato spot il minerale e´ intorno ai 150 dollari la tonnellata mentre il prezzo di riferimento benchmark per il 2009 (con scadenza l´1 aprile 2010 è stato fissato dalla Vale a 55 dollari la tonnellata ben si comprende le ragioni delle pressioni”. Pressioni, queste, che, a dire degli esperti, traggono fondamento da leggi di natura economica.
Parlando nel corso della Steel Conference organizzata dalla società di consulenza CRU a Sharm El Sheik, l´analista Andrew Todd spiega ad Acciaio Report come quest’anno sarà un anno record per la crescita del commercio di minerale di ferro sulla scia della domanda cinese che entro il 2013 inciderà per il 60% degli scambi mondiali.
“Al momento i produttori di minerale australiani e brasiliani non ce la fanno a soddisfare la richiesta cinese – evidenzia – al punto da far dire al governo sudafricano che una crisi interna potrebbe scoppiare se i produttori locali continuano a fare a gara a rifornire i clienti cinesi”. Ma anche a livello mondiale la siderurgia sta recuperando terreno dopo la crisi: “la produzione mondiale di acciaio non solo ha recuperato ma veleggia oggi al di sotto di appena il 10% rispetto al picco del 2008”, evidenzia Carlos de Alba analista di Morgan Stanley. A questo non va trascurato il fatto che l´offerta mondiale si sta progressivamente assottigliando (Vale Rio prevede per quest´anno un incremento di appena il 3% della capacita´ produttiva), cosa che accresce ulteriormente il potere contrattuale dei minerari. C’è da dire che le acciaierie, per lo meno quelle più grandi, stanno già adottando contromisure come quella dell’incremento dell’autosufficenza.
Come ha annunciato Julien Onillon, vicepresidente della sezione per i rapporti con gli investitori di ArcelorMittal, al convegno sull’acciaio organizzato da Dow Jones a Parigi, il gruppo espanderà in Europa la propria divisione produttiva di minerale di ferro per tutelarsi dai continui rincari della materia prima. L’obiettivo del produttore è di diventare autosufficiente al 75% nella produzione di minerale di ferro entro il 2015 (oggi al 60%). In termini di volumi, ArcelorMittal mira nei prossimi cinque anni a incrementare l’output della materia prima di 35 milioni di tonnellate, per arrivare a 100 milioni.
Quella dell´autosufficenza produttiva rappresenta però una soluzione di efficacia non immediata che non risolve i problemi di breve termine nè dei produttori di acciaio regionali e non integrati nè del settore dell´utilizzazione. Una strada, questa, percorribile a detta degli esperti sembra essere quella del maggiore ricorso agli strumenti di copertura finanziaria. Stando a Hinrich J. Woebcken, responsabile degli acquisti indiretti di BMW, “il mercato dell’acciaio diventerà sempre più volatile, se si passerà, nel caso del minerale di ferro, dal modello tradizionale dei contratti benchmark conclusi su base annua a un sistema di prezzi spot. Tale trasformazione costituisce un problema, in un momento in cui dobbiamo pianificare il nostro anno fiscale”.
Dunque, “l’impegno è quello di rassicurare gli investitori sul fatto che il nostro business è sotto controllo e per farlo la soluzione può essere rappresentata dall’utilizzo di strumenti derivati che possano proteggere i buyer dal rischio della volatilità dei prezzi”. “Visto che, molto probabilmente, i contratti non saranno più fissati guardando a un’ottica di lungo periodo, i costi delle commodity diventeranno più volatili, in quanto risponderanno alle condizioni della domanda e dell’offerta”, fa notare Plamen Natzkoff analista di Citigroup. Il risultato, continua l’esperto, è che “gli stessi prezzi dell’acciaio saranno preda di maggiori oscillazioni”. E’ lecito pensare dunque, che in questo contesto, “sia le acciaierie, sia gli utilizzatori di acciaio, aumenteranno le loro richieste per avviare una copertura finanziaria sul rischio e per proteggersi così dalla volatilità”.
La percezione del rischio porta molti, nel mercato dell’acciaio, a cercare nuovi strumenti di protezione. D’altronde, come sottolinea un broker del minerale di ferro con sede a Londra, il 2009 “è stato un anno difficile per l’industria dell’acciaio e le condizioni sono tuttora incerte. Stiamo così assistendo alla crescita degli swap OTC sul minerale di ferro e prevediamo che questo trend andrà avanti”. Stando a Natzkoff, “non solo gli investitori finanziari ma anche le banche avvieranno la copertura finanziaria per conto dei loro clienti, siano essi acciaierie o produttori di auto”. E tutto ciò avverrà in quanto, come afferma un analista del mercato dell’acciaio con sede a Londra, “il mercato dell’acciaio non è più quello di un tempo”. Di fatto, spiega, “la situazione è incerta e i partecipanti sono preoccupati. Non meraviglia dunque sapere che l’hedging è diventato così popolare”.