Italia Startup con 300.000 imprenditori aspiranti contrastano la crisi del lavoro, la necessità di reinventarsi e il fermento che si registra nelle startup.
Si sta generando un potenziale latente di imprenditoria che ancora non riesce a svilupparsi. “E le sue dimensioni sono notevoli: sono 300.000 gli italiani che non solo intendono creare una propria impresa o supportarne una, ma che hanno già un progetto in mente in un settore definito” afferma Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup.
“Il 21,9% intende avviare la propria attività nel settore ristorazione, mentre le tecnologie digitali catturano l’interesse del 13,7% degli intervistati: in particolare il 7,4% intende investire in servizi web come e-commerce, comunicazione digitale e piattaforme di co-working, mentre il 6,3% punta alla progettazione software e allo sviluppo di app: è un segno evidente delle potenzialità offerte dalle tecnologie digitali nella creazione di opportunità lavorative”.
Questi sono i dati che emergono dalla prima ricerca condotta da Italia Startup, l’Associazione no profit che rappresenta l’ecosistema delle startup italiane, in collaborazione con Human Highway.
Per individuare gli aspiranti imprenditori nel Belpaese, Italia Startup ha chiesto a un campione di 947 persone, rappresentativo della popolazione italiana, come intenderebbero investire un’inaspettata eredità di 200.000 euro da un fantomatico zio d’America. Le tre risposte che hanno ottenuto più consensi sono figlie della crisi economica: il 30,9% desidera avere la certezza della casa comprandone una; il 23,2% intende pagare i debiti oppure il mutuo mentre il 20,9% sceglie la temporanea fuga di un viaggio o di una vacanza da sogno. Ma al quarto posto, con il 18,8%, degli intervistati si posizionano coloro che desiderano supportare un’iniziativa imprenditoriale: il 16,5% degli intervistati vorrebbero utilizzare i soldi per un proprio progetto imprenditoriale, mentre il 2,3% li impiegherebbe in un’impresa di amici e conoscenti.
All’interno di questo 18,8%, però, il 32,4% sarebbe disposto a investire meno della metà o una parte limitata dei 200.000€, mentre il 67,6% è disposto a rischiare una parte consistente del patrimonio: sono quei 3,5 milioni di italiani (12,2% degli intervistati) che rivelano una maggiore propensione all’imprenditorialità.
Per verificare la maturità di questa propensione, l’indagine ha poi analizzato la presenza di un’idea imprenditoriale negli intervistati e solo il 40,9% ha rivelato di avere un progetto abbastanza preciso (30,2%), ben definito (9,2%) o già avviato (1,5%).
Infine come ulteriore controprova dell’aspirazione all’imprenditorialità, è stata riscontrata la propensione a investire il proprio finanziamento in un settore specifico. L’82,6% ha rivelato di avere già identificato il settore: corrisponde all’1,1% degli intervistati, pari a circa 300.000 italiani
Il principale modello di riferimento per il 31% di questi aspiranti imprenditori è il self-made-man all’italiana (da Ferrari a Briatore, da Berlusconi a Delvecchio), che attrae preferenze soprattutto nel Nord Italia (55%) e tra coloro che investono nel settore commerciale (27%). Per il 29% il modello è invece costituito dalle grandi famiglie imprenditoriali italiane (Agnelli, Barilla, Ferrero) che raccolgono preferenze soprattutto al Sud e nelle Isole e tra coloro più propensi a investire nella ristorazione (21,3%) o nel turismo (21,4%).
Un giovane imprenditore su quattro è attratto invece dall’imprenditore dell’informatica e della new economy: tra i nomi più citati ci sono ovviamente Bill Gates, Steve Jobs o Mark Zuckerberg.
Il 70,9% di questi aspiranti imprenditori sono uomini e il 49,4% ha un’età tra i 24 e i 35 anni, risiedono in gran parte nel Nord (52,6%) e se avessero a disposizione 200mila euro li investirebbero nel 29% dei casi nel settore dei Software/Servizi Web (tre volte il dato complessivo).
Infine il 18% ammira i manager-imprenditori alla Marchionne o De Benedetti. Sono in genere aspiranti imprenditori tra i 35 e i 44 anni (33,7%) che intendono puntare ai settori Manifatturiero (34,1%) o Commerciale (29%).
Non è un caso che proprio l’ipotesi di ricevere una donazione di 200.000 euro abbia scatenato il desiderio imprenditoriale degli italiani: tra i principali inibitori della libera iniziativa c’è proprio la scarsità di risorse finanziarie per dare corpo al proprio progetto. Per 8 aspiranti imprenditori su 10 questo è il principale ostacolo.
Al secondo posto tra i fattori inibitori, nettamente distaccato dal primo, si classifica la difficile congiuntura economica, che blocca il 20,6% degli intervistati. Il mancato reperimento di amici o colleghi disposti a rischiare nel progetto ferma invece l’11,1% degli aspiranti imprenditori.
È interessante notare come tra coloro che mostrano propensione all’imprenditorialità ma non intendono rischiare la maggior parte dei 200.000, è meno diffusa la percezione della mancanza di soldi, che si attesta al 67,2% e trova più spazio la sfiducia generata dalla difficile congiuntura economica (30,4%).
“Sembra un paradosso, ma la crisi genera una delle risorse più importanti per l’economia italiana: il desiderio di imprenditorialità, di esprimere i propri talenti per creare nuove opportunità lavorative” ha commentato Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup.
“Solo per 2 aspiranti imprenditori su 10 il momento economico sfavorevole è un limite; per la maggior parte di loro, basterebbe trovare un adeguato finanziamento per creare una nuova realtà produttiva. Questa indagine diventa dunque un forte richiamo per le aziende consolidate, i settori maturi, soprattutto del Made in Italy, a investire nelle startup: è invito a contaminarsi con i nuovi modelli di business offerti dalle tecnologie digitali, un vero e proprio asset competitivo per il nostro Paese, capace di attrarre l’iniziativa imprenditoriale dei più giovani”.