Divario di genere in Italia – Gender Pay Gap al 19,7% e persistente soffitto di cristallo. L’indagine retributiva condotta da ODM Consulting conferma il consolidamento del divario retributivo e occupazionale uomo-donna.
Da circa 3.000 euro a oltre 16.000 euro in meno a seconda dell’inquadramento, ecco di quanto differiscono gli stipendi delle donne rispetto a quelli dei colleghi in Italia (in termini di RBA – retribuzione fissa annua lorda). Il gender pay gap, che si era ridotto fra il 2017 e il 2019, ha poi ripreso a crescere raggiungendo il 10% nel 2022. Il trend di aumento del divario si è stabilizzato attestandosi in chiusura 2023 su una media del 10,7%. Questo quanto rileva ODM Consulting, società di consulenza HR di Gi Group Holding, nell’aggiornamento a settembre 2023 della sua indagine periodica sull’evoluzione delle retribuzioni in Italia.
Guardando ai singoli inquadramenti, il divario percentuale, e anche in termini di valore assoluto, più ampio tra retribuzione fissa (RBA) media di uomini e donne si riscontra nell’inquadramento Dirigenti.
“Questi dati diventano ancor più significativi se letti congiuntamente a quelli sull’occupazione femminile – commenta Miriam Quarti, Responsabile dell’area Reward&Engagement di ODM Consulting – I dati Eurostat riferiti al 2023, infatti, mostrano che in Italia c’è un tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni pari al 51,1%, sotto la media europea che si attesta al 64.9%. Sopra la media UE del 30%, invece, il tasso di inattività femminile che per l’Italia è al 43,6%[1]. Il quadro si completa con i dati INPS sul lavoro dipendente. I lavoratori a tempo determinato e indeterminato sono per il 71% uomini e solo il 29% donne. Divario che si amplia per i Dirigenti (solo 21% di donne) ed è invece lievemente inferiore per Quadri e Impiegati, confermando quindi non solo una maggiore difficoltà di ingresso delle donne nel mondo del lavoro, ma anche la persistenza del soffitto di cristallo”.
Cresce l’attenzione all’equità di genere, ma c’è ancora molta strada da fare
Le organizzazioni hanno cominciato a maturare una certa consapevolezza circa la necessità di dotarsi di politiche di diversity inclusion & equity. La tematica di genere, secondo una recente indagine ODM Consulting condotta su un campione di aziende rappresentativo del mercato del lavoro italiano, è nella top 3 delle tipologie di diversità su cui si sta maggiormente intervenendo, insieme a età e disabilità. Tuttavia, solo il 20% delle aziende rispondenti agisce già in modo strutturato e si tratta per lo più di grandi aziende. Circa il 59% è in una fase di valutazione o progettazione iniziale delle politiche DE&I, mentre quasi il 21% dichiara di non occuparsene.
“A spingere le aziende ad occuparsi delle diversità e della loro gestione e inclusione è soprattutto la volontà di promuovere un’immagine aziendale positiva sul mercato, come emerge dalla nostra survey – prosegue Quarti – Anche l’esigenza di adeguarsi a normative e obblighi di legge rappresenta una leva importante, seguita dalla volontà di attuare il proprio impegno verso la sostenibilità, sposando l’idea che il Lavoro Sostenibile, per essere tale, deve essere anche inclusivo. Per le persone, invece, sembra che accanto alla reputazione e alla compliance, le motivazioni di natura economica siano quelle principali per cui le aziende pongono maggiore attenzione alle politiche DI&E”.
La direttiva UE su Trasparenza e parità salariale
L’equità retributiva è uno degli obiettivi che si pone la Direttiva Europea 2023/970 su Trasparenza e parità salariale volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra persone – in particolare, tra uomini e donne – per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore.
La sua applicazione comporterà per le aziende obblighi di trasparenza sulle retribuzioni e sulle modalità di determinazione delle stesse sia verso i candidati, sia internamente.
“Dalla survey ODM emerge come le direzioni HR debbano preoccuparsi non solo di introdurre strumenti, policy e reportistiche, ma debbano anche impegnarsi nel creare una cultura della trasparenza e un rapporto di fiducia con le persone.” – commenta Quarti – “Dalla survey rivolta ai lavoratori emerge che per fare in modo che la direttiva possa creare un buon clima e non crei conflitto o confusione, sarà importante generare fiducia nel processo di accompagnamento ad una maggiore chiarezza e consapevolezza delle informazioni a cui potranno accedere.”
Gender gap. Non solo una questione di retribuzioni
L’ampio divario tra uomini e donne nel mondo del lavoro, oltre all’aspetto retributivo. Riguarda infatti anche quello occupazionale, come evidenziato dai dati Eurostat sulla sotto-occupazione di genere già riportati.
E, infine, riguarda l’accesso alle opportunità di carriera. Il dato sulla rappresentanza femminile nella leadership conferma che per ora la parità è più numerica che sostanziale: all’interno dei CdA la presenza di donne è cresciuta arrivando al 43%, ma meno del 5% di queste ricopre ruoli esecutivi e solo il 2% la carica di Amministratrice Delegata.
Dopo la legge Golfo Mosca, che ha portato ad un aumento della presenza femminile all’interno dei CdA, un’ulteriore spinta viene data dalla Certificazione della Parità di Genere (UNI/PdR 125:2022), ossia una attestazione a valore nazionale di validità triennale che le imprese possono richiedere su base volontaria e che viene loro riconosciuta a condizione che dimostrino di aver fatto proprio il paradigma della Parità di Genere nella loro cultura, strategia e piani di azione al fine di ridurre al proprio interno le disuguaglianze uomo-donna.
“Del campione rappresentativo di aziende intervistate da ODM, il 26% dichiara di avere la Certificazione sulla Parità di Genere, ma il 54% se ne sta interessando– conclude Miriam Quarti – Sono diversi i motivi che spingono le imprese a interessarsi al tema e questi incidono sulle modalità con cui si realizzano gli interventi necessari per ottenere la certificazione. Si va da un approccio più tattico che si concretizza attraverso interventi di base che mirano ad ottenere vantaggi di natura economica, a un approccio più evoluto realizzato attraverso una serie di interventi che iniziano a integrarsi fra loro con finalità tipicamente legate a temi di brand reputation, fino ad un approccio più strategico realizzato attraverso un processo di cambiamento culturale e organizzativo che si concretizza in policy di gestione e interventi integrati fra loro in ottica ED&I”
ODM Consulting è la società di Gi Group Holding – la prima multinazionale italiana del lavoro – che si occupa di Consulenza HR. Supporta le aziende nella gestione e valorizzazione delle persone attraverso la progettazione di sistemi retributivi, organizzativi e di sviluppo. Le aree di expertise trovano un’applicazione sia in progetti di consulenza, sia in tool utilizzabili autonomamente dalle aziende, che in prodotti editoriali quali guide operative e rapporti. È leader nella realizzazione di indagini retributive e benchmark di metodologie e pratiche, in particolare nell’ambito dei sistemi di performance e delle politiche di Total Reward.