Deloitte progetto Fashion e Finance: la community per aiutare le aziende del Fashion ad affrontare le sfide della sostenibilità.
Una community nazionale e internazionale di operatori ed esperti del settore Fashion
È questo il progetto “Fashion & Finance”, la nuova iniziativa lanciata da Deloitte per incentivare il dialogo e supportare la diffusione di buone pratiche in ambito ESG e favorire la transizione green di un settore chiave per il Made in Italy e l’economia nazionale. La novità è stata presentata nel corso del primo workshop del Programma, che si è tenuto oggi presso la sede di Deloitte di Milano e che ha visto la partecipazione di Valeria Brambilla, AD di Deloitte & Touche, Ida Palombella, Partner e Head of Fashion & Luxury Sector di Deloitte Italia, Marco Formento, Global Digital Innovation Director di Dolce & Gabbana, Paola Orlini, Chief Strategy Officer di Missoni, e Davide Triacca, Sustainability Director di Salvatore Ferragamo.
«Crescente complessità dell’assetto regolatorio, monitoraggio e gestione di rischi e opportunità, Value Chain sostenibile, circolarità: queste sono solo alcune delle sfide per il settore Fashion che derivano dalle recenti normative Ue e dall’evoluzione delle tendenze di mercato», commenta Valeria Brambilla. «Si tratta di grandi novità a cui si deve rispondere acquisendo consapevolezza e attivando un impegno condiviso: per questo abbiamo lanciato la nuova community internazionale “Fashion & Finance”. Solo con più collaborazione e sinergia tra gli attori di tutta la filiera il mondo del Fashion può emergere come un agente di cambiamento positivo per l’ambiente e per la società».
La “Corporate Sustainability Reporting Directive”: aumenta il controllo sul reporting di sostenibilità
In un contesto di crescente attenzione alla sostenibilità a livello aziendale, finanziario ed istituzionale, nonché di aspettativa dei consumatori finali, anche il settore del Fashion si sta sempre più impegnando a lavorare sui propri impatti ambientali, sociali e di governance. Ad oggi, le imprese del settore si trovano infatti a dovere affrontare la sfida di trasformare i propri modelli di business e produttivi, all’insegna della circolarità, della responsabilità verso la catena del valore e della resilienza ai mutamenti esterni, anche di carattere normativo.
«L’introduzione della “Corporate Sustainability Reporting Directive” (CSRD) e di altre Direttive europee volte ad accrescere la trasparenza informativa delle imprese rappresentano una svolta fondamentale nell’ambito della gestione delle tematiche ESG – Environmental, Social e Governance in Europa», spiega l’AD di Deloitte & Touche. «L’attuale eterogeneità negli approcci comunicativi dei singoli operatori di mercato ha reso infatti più complessa, da parte dei consumatori e degli investitori, la possibilità di comparare efficacemente le informazioni relative alla sostenibilità dell’azienda e dei suoi prodotti, nonché del loro posizionamento e livello di maturità. Il legislatore europeo mira, quindi, all’implementazione di un quadro normativo standardizzato, che armonizzi le pratiche di raccolta e comunicazione delle informazioni ESG in tutta l’Unione Europea».
La “Corporate Sustainability Due Diligence Directive”: più trasparenza sull’intera filiera produttiva
Oltre alla ormai nota CSRD, la recente adozione della proposta “Corporate Sustainability Due Diligence Directive” (CSDDD) rappresenta un ulteriore passo in avanti nella direzione di una gestione trasparente degli aspetti ambientali e dei diritti umani lungo l’intero ciclo produttivo. La piena consapevolezza degli impatti derivanti dalla catena di approvvigionamento rappresenta una sfida in settori come quello del Fashion, le cui attività di tracciamento e monitoraggio sono interessate da operazioni ad ampio raggio. La Direttiva richiede di condurre valutazioni approfondite sugli attori della filiera, favorendo la consapevolezza dell’impronta ecologica delle attività aziendali e garantendo, al contempo, il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.
La Strategia Ue per i tessuti sostenibili e circolari: obiettivo circolarità entro il 2030
Con specifico riferimento al tessile, inoltre, la Commissione Europea sta lavorando, con lo sfidante obiettivo temporale del 2030, per favorire la transizione ad un futuro in cui tutti i tessuti presenti sul mercato dell’Ue siano durevoli, riparabili e riciclabili, privi di sostanze dannose e prodotti nel rispetto di standard sociali e ambientali. Lo strumento per raggiungere questo ambizioso obiettivo è la “Strategia Ue per i tessuti sostenibili e circolari”, volta a promuovere un’industria competitiva, resiliente e innovativa che adotti pratiche eco-compatibili e principi etici rigorosi.
Regolamento Ue sull’Ecodesign per prodotti sostenibili: in arrivo il passaporto digitale dei prodotti
La necessità di adottare un design sostenibile di prodotto ha inoltre portato alla definizione della nuova proposta per il “Regolamento Ue sull’ecodesign per prodotti sostenibili”, con il fine di favorire il prolungamento del ciclo di vita dei capi, il riutilizzo e la riparabilità. Il Regolamento intende introdurre l’osservanza di specifici criteri nei processi di design, mirati a migliorarne significativamente la circolarità e l’efficienza energetica. Il settore Fashion, in particolare, si distingue per le sue radicate difficoltà nel riciclo e riuso dei prodotti a fine vita, anche a causa degli odierni stili di consumo, nonché della composizione dei prodotti stessi e dell’assenza di tecnologie efficaci.
«Da questa nuova normativa nasce la necessità di sviluppare e diffondere l’utilizzo di tecnologie per il recupero e la rigenerazione dei tessuti, migliorando la circolarità dell’intero settore», commenta Brambilla. «In aggiunta, è prevista a livello europeo l’introduzione del nuovo passaporto digitale dei prodotti, per consentire ai consumatori l’accesso a informazioni affidabili sull’origine e il ciclo di vita di ciò che si acquista. Il passaporto digitale garantirà che ogni fase della produzione e distribuzione sia tracciabile e verificabile, impedendo che fuorvianti dichiarazioni di sostenibilità possano erodere la fiducia degli stakeholder e dei consumatori finali».
Waste Framework Directive: più controlli anche sui rifiuti
Infine, il settore sarà impattato da un emendamento della “Waste Framework Directive”, che mira ad incentivare e sollecitare gli attori le imprese a migliorare la gestione e destinazione dei propri scarti post-industriali e capi invenduti, per rafforzare la responsabilità aziendale sull’intero ciclo di vita dei prodotti, con particolare attenzione alla gestione del fine-vita. A questa si aggiunge la recente “Green Claims Directive”, che introduce nuove regole per contrastare il greenwashing, imponendo nuovi criteri per garantire la trasparenza e la comparabilità nei claims ambientali e di sostenibilità. Questi includono divieti sull’uso di affermazioni generiche e non verificabili come “green” o “ecocompatibile”, prevedendo una serie di sanzioni in caso di violazioni.