Trasparenza salariale e gender gap. Secondo i dati ADP Research Institute, in Italia si sente sottopagato il 48% delle donne, mentre la percentuale scende al 43% per quanto riguarda gli uomini.
Secondo i numeri dell’ADP Research Institute, nel 2022 gli aumenti salariali a livello mondo sono stati in media del 6,7% per gli uomini rispetto a solo il 6% per le donne. Non solo, a fine 2023 gli uomini prevedono di vedere la loro retribuzione aumentare in media dell’8,5%, mentre le donne prevedono aumenti salariali solo dell’8%.
In base alla medesima ricerca (People at Work 2023) lo scorso anno in Italia il 44% dei dipendenti ha ottenuto un incremento medio dello stipendio pari al 5,5%, mentre gli uomini affermano che la loro retribuzione è aumentata del 5,8%, rispetto al 5,2% delle donne. Hanno ottenuto un aumento il 50% degli uomini e il 36% delle donne.
Sempre del 44% è la percentuale degli italiani che si aspetta che la propria retribuzione aumenti entro la fine dell’anno in corso (le aspettative sono le medesime tra donne e uomini). Gli uomini si aspettano che la loro retribuzione aumenti del 6,36% contro il 6,25% delle donne, un dato abbastanza paritario.
In Italia, si sente sottopagato il 48% delle donne, mentre la percentuale scende al 43% per quanto riguarda gli uomini
“Potremmo dire che, nonostante l’acceso dibattito in merito al divario retributivo di genere, il problema stia peggiorando. Gli aumenti salariali delle donne semplicemente non tengono il passo con quelli degli uomini e, durante un periodo inflattivo così pesante, il problema è più grave che mai. È importante che i datori di lavoro dispongano di sistemi solidi per rilevare incoerenze e disuguaglianze nell’importo retribuito del personale in modo da poter affrontare eventuali divari retributivi di genere. In caso contrario, tale ingiustizia potrebbe perpetuarsi, portando alla mancanza di motivazione e minando la lealtà nel migliore dei casi, innescando un esodo di talento femminile che danneggerebbe gravemente la reputazione dell’azienda stessa, minacciando il suo cosiddetto employer branding” ha dichiarato Marcela Uribe, General Manager ADP Southern Europe.
LA NUOVA NORMATIVA EUROPEA SULLA TRASPARENZA SALARIALE
Il Parlamento europeo sta cercando di intervenire direttamente sul problema del divario retributivo, e un grosso passo avanti è stato fatto con l’approvazione della direttiva sulla trasparenza salariale, che pone fine al cosiddetto “segreto retributivo”.
In base alle nuove norme, le imprese dell’UE saranno tenute a fornire informazioni sulle retribuzioni e a intervenire se il divario retributivo di genere supera il 5%.
Lo stesso Consiglio Europeo ha dichiara che la trasparenza può contribuire a dotare i lavoratori e le lavoratrici dei mezzi necessari per far valere il loro diritto alla parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso una serie di misure vincolanti. La mancanza di trasparenza retributiva è stata individuata come uno dei principali ostacoli all’eliminazione del divario retributivo di genere.
“Bruxelles ha deciso di intervenire dopo che, a una situazione già difficile, si sono aggiunte le conseguenze economiche e sociali della pandemia, che hanno peggiorato la condizione lavorativa delle donne, come dimostrato dal fatto che la perdita di posti di lavoro durante la crisi si è concentrata principalmente nei settori a bassa retribuzione e a prevalenza femminile” precisa Uribe.
Al contrario, osserva il Parlamento UE, proprio l’emergenza pandemica ha dimostrato l’alto valore socioeconomico del lavoro delle donne nei servizi di prima linea, quali l’assistenza sanitaria, le pulizie, l’assistenza all’infanzia, l’assistenza sociale e l’assistenza nelle strutture residenziali per anziani e altri adulti non autonomi, in netto contrasto con la limitata visibilità e lo scarso riconoscimento di cui gode.
La nuova norma introduce i concetti di principio di trasparenza retributiva già prima dell’assunzione e dovrebbe quindi applicarsi anche ai candidati a un impiego.
I livelli retributivi dovranno essere espressi in modo uniforme come retribuzione lorda annua e corrispondente retribuzione oraria lorda.
Per rispettare il diritto di parità retributiva dovrà essere imposto ai datori di lavoro di disporre di strutture retributive basate su criteri neutrali sotto il profilo del genere, consentendo di paragonare il valore dei diversi posti di lavoro all’interno della stessa struttura organizzativa.
Se il lavoratore ritiene di aver subito un danno a seguito di una violazione delle norme sulla parità retributiva di genere, potrà rivolgersi al giudice per chiedere un risarcimento. L’effettività della tutela dei diritti dei lavoratori dovrà venire poi assicurata da Organismi nazionali per la parità creati appositamente.
“Nel dicembre 2021 è già entrata in vigore la legge 162/2021 a modifica del Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna, volta a intervenire sulle differenze salariali e professionali tra i due sessi. La legge ha prima di tutto abbassato a 50 dipendenti la soglia per l’individuazione delle aziende tenute a redigere il rapporto biennale obbligatorio recante le retribuzioni e le certificazioni di parità tra i gender. Il rapporto è redatto per ognuna delle professioni e in relazione allo stato di assunzioni, formazione, promozione professionale, livelli, passaggi di categoria o di qualifica, intervento CIG, licenziamenti, prepensionamenti e pensionamenti, retribuzione effettivamente corrisposta. Il tutto al fine di abbattere il divario di genere” sottolinea Marcela Uribe.
La vera novità della legge 162/2021 è stata l’introduzione della certificazione di genere. Si tratta di una certificazione volontaria che le aziende potranno richiedere per attestare la conformità dell’organizzazione di impresa ai principi di parità tra i generi, in punto di retribuzione e condizioni di carriera.
Le aziende che abbiano ottenuto la certificazione saranno esonerate dal versamento degli oneri contributivi, per un valore pari all’1% sulla generalità dei lavoratori dipendenti e fino ad un massimo di 50.000 euro annui.
“Si stanno facendo dei significativi passi avanti, soprattutto a livello normativo. Resterà da vedere se e come le norme verranno applicate, ma le basi per il cambiamento ci sono e segnano una nuova volontà, quella di affrontare davvero il problema del divario retributivo” conclude Uribe.
Informazioni sul report
People at Work 2023: A Global Workforce View esplora gli atteggiamenti dei dipendenti nei confronti del mondo del lavoro attuale e ciò che si aspettano e sperano dal posto di lavoro del futuro.
ADP Research Institute® ha intervistato 32,612 lavoratori in 17 Paesi nel mondo tra il 28 ottobre il 18 novembre 2022, comprese 8,613 persone che lavorano esclusivamente nella gig economy. Ciò ha incluso:
– 7,721 in Asia Pacifico (Australia, Cina, India e Singapore)
– 15,290 in Europa (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito)
– 5,751 in America Latina (Argentina, Brasile e Cile)
– 3,850 in Nord America (USA e Canada).
All’interno del campione di lavoratori sono stati identificati i gig worker e i lavoratori tradizionali. I gig worker sono stati identificati come coloro che lavorano su base occasionale, temporanea o stagionale, oppure come freelance, lavoratori indipendenti, consulenti, gig worker o che utilizzano una piattaforma online per trovare lavoro. I dipendenti tradizionali sono stati identificati come coloro che non lavorano nella gig economy e hanno invece una posizione permanente a tempo pieno o parziale.
Il sondaggio è stato condotto online nella lingua locale. I risultati complessivi sono stati ponderati per rappresentare la dimensione della popolazione attiva per ciascun paese. Le ponderazioni si basano sui dati sulla forza lavoro della Banca Mondiale , che sono derivati utilizzando i dati del database ILOSTAT, il database statistico centrale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), a partire dall’8 febbraio 2022.
ADP, leader riconosciuto a livello mondiale in ambito HCM, in Italia si propone quale partner di aziende di ogni settore e dimensione, con un’offerta completa di Servizi di HR Outsourcing e Soluzioni per l’Amministrazione del Personale e gestione dei processi di Organizzazione e Sviluppo.
Le Business Unit dedicate garantiscono la massima attenzione a ogni cliente, basandosi su eccellenti professionalità e consolidata esperienza. Il forte orientamento all’innovazione rende ADP il partner ideale delle aziende che vogliono concentrarsi sul loro Core Business delegando in sicurezza la gestione dei loro dipendenti. Più di 1.100 clienti si avvalgono delle soluzioni offerte da ADP che è presente a Milano, Torino, Roma e conta su un team di 700 dipendenti.