Per moda più sostenibile. Gli sforzi dell’industria tessile per diventare più sostenibile. Testing e certificazione come strumenti di cambiamento.
Gli sforzi dell’industria tessile per ridurre il proprio impatto ambientale e sociale passano anche dal testing e dalla certificazione, strumenti utili per dare risposte concrete alle strategie di sostenibilità perseguite a livello mondiale.
La moda è il terzo settore merceologico per utilizzo di acqua e terra e il quarto settore per impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici; ogni secondo un camion carico di prodotti tessili viene smaltito in discarica o il suo contenuto sottoposto a incenerimento e ogni anno un europeo medio getta via 11 kg di prodotti tessili. Questi dati fanno capire quanto l’industria tessile abbia un forte impatto a livello ambientale.
Negli ultimi anni, però, l’industria si sta muovendo verso una maggiore sostenibilità, in risposta alle crescenti preoccupazioni ambientali e sociali legate alla produzione e al consumo di abbigliamento. L’industria della moda sta iniziando a prendere misure, quali l’utilizzo di materiali sostenibili e l’adozione di processi di produzione più efficienti. Tuttavia, il settore rimane ancora tra i più inquinanti e meno sostenibili a livello globale.
La produzione tessile globale, infatti, è raddoppiata tra il 2000 e il 2015; entro il 2030, è previsto un aumento del 63% del consumo di articoli di moda e, sebbene tra il 1996 e il 2018 i prezzi dell’abbigliamento nell’UE siano diminuiti di oltre il 30% rispetto all’inflazione, la spesa media delle famiglie per l’abbigliamento è aumentata del 17%, con un fatturato generato dai beni di moda che nel 2019 è stato di 169 miliardi di euro.
Gli obiettivi principali per una moda sostenibile
Le spinte che da più parti arrivano per cambiare rotta a questo settore non mancano.
In linea con l’Action Plan emanato nel marzo 2020 dall’UE per il raggiungimento degli Obiettivi sostenibili entro il 2030, è previsto il passaggio a un’economia circolare anche per il settore tessile. Tra gli obiettivi principali per la moda ci sono:
– Ridurre del 30% le emissioni di gas serra entro il 2030;
– Ridurre del 50% la quantità di acqua utilizzata nell’intero ciclo di vita dei prodotti entro il 2030;
– Eliminare completamente l’utilizzo di sostanze chimiche pericolose nella produzione entro il 2030;
– Promuovere una maggiore trasparenza e responsabilità a livello del ciclo di vita dei prodotti, in modo che i consumatori possano prendere decisioni d’acquisto più informate;
– Promuovere una maggiore equità e giustizia sociale, attraverso il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle comunità locali.
“Per raggiungere questi obiettivi sarà dunque indispensabile investire in tecnologie innovative e sostenibili per la produzione di tessuti e prodotti della moda più durevoli, riciclabili e a basso impatto, garantendo la tracciabilità della filiera e promuovere una maggiore collaborazione tra le aziende, i governi, le organizzazioni no-profit e i consumatori al fine di creare un sistema più sostenibile e trasparente, sviluppare sistemi di riciclo e di recupero dei materiali per ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale del settore della moda”, dichiara Raffaella Santoro, direttrice Global Strategic Solutions per il settore Softlines di TÜV SÜD.
Cosa sta avvenendo nel concreto?
L’European Green Deal presenta una tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE trasformando le sfide climatiche e ambientali in opportunità per tutti i settori dell’economia, in particolare i trasporti, l’energia, l’agricoltura, gli edifici e le industrie come l’acciaio, il cemento, il tessile e la chimica. Rispetto al mondo dell’industria tessile, si possono individuare due importanti iniziative: la proposta di Direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde (2022) e la Direttiva Ecodesign – Regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (ESPR).
La prima mira a rendere eque e trasparenti le relazioni tra imprese e consumatori e a sostenere il benessere dei consumatori europei e l’economia dell’UE. Più specificamente, la proposta mira a contribuire a un’economia circolare, pulita e verde dell’UE consentendo ai consumatori di prendere decisioni di acquisto informate e quindi di contribuire a un consumo più sostenibile. La proposta mira, inoltre, a contrastare le pratiche commerciali sleali che inducono i consumatori ad allontanarsi da scelte di consumo sostenibili.
La Direttiva Ecodesign, invece, si rifà alla direttiva 2009/125/CE sulla progettazione ecocompatibile che si applica solo ai prodotti connessi all’energia; la proposta di regolamento (ESPR) riguarderebbe anche una gamma molto ampia di prodotti fisici e ha l’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali dei prodotti durante il loro ciclo di vita.
Secondo questa direttiva i requisiti per i prodotti sostenibili sono:
– durabilità, riutilizzabilità e riparabilità dei prodotti;
– assenza di sostanze che ostacolano la circolarità;
– efficienza energetica e delle risorse;
– contenuto riciclato;
– rigenerazione e riciclaggio;
– impronta di carbonio e impronta ambientale;
– requisiti informativi, tra cui un Passaporto Digitale di Prodotto.
TÜV Italia e i test di durabilità
I test di durabilità per i prodotti tessili sono una serie di test utilizzati per valutare la resistenza dei tessuti e dei materiali utilizzati nella produzione di capi di abbigliamento e accessori. Questi test vengono eseguiti per garantire che i prodotti tessili soddisfino gli standard di qualità e sicurezza e che resistano all’usura quotidiana e al lavaggio. Possono includere una serie di procedure, tra cui la valutazione della resistenza alla trazione, alla flessione, all’abrasione, alla piegatura, al pilling, alla stabilità del colore e alla resistenza al lavaggio. Inoltre, possono essere testati anche altri fattori come la resistenza al sudore, all’acqua e alle sostanze chimiche.
L’utilizzo di questi test è particolarmente importante per la sostenibilità dell’industria tessile, in quanto consente di identificare i materiali e i processi produttivi più efficienti e di ridurre il consumo di risorse naturali. Inoltre, attraverso questi test, è possibile valutare l’impatto ambientale dei prodotti tessili, non solo durante la fase di produzione ma anche durante l’utilizzo e lo smaltimento.
Fondato nel 1866 come associazione di controllo delle caldaie a vapore, il Gruppo TÜV SÜD è cresciuto diventando un’impresa globale. Opera con oltre 25.000 dipendenti dislocati in oltre 1.000 sedi in circa 50 paesi allo scopo di migliorare costantemente tecnologia, sistemi e competenze.
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TÜV Italia fa parte del gruppo TÜV SÜD ed è presente in Italia dal 1987. TÜV Italia ha una struttura di oltre 700 dipendenti e 400 collaboratori, con diversi uffici operativi sul territorio nazionale, a cui si affiancano i laboratori TÜV Italia e Bytest a Volpiano (TO) e pH a Barberino Tavarnelle (FI), acquisite rispettivamente nel gennaio 2012 e nel gennaio 2013.
TÜV Italia organizza periodicamente webinar e seminari gratuiti, dove vengono affrontati I temi tecnici più attuali, altre ai numerosi corsi formativi professionali, dedicati ad approfondire e sviluppare competenze in tutti i settori in cui l’ente opera.