Inclusione finanziaria e microcredito, rapporto curato da Gruppo Banca Etica, c.borgomeo&co. e la Rete Italiana di Microfinanza.
Dalla ricerca emerge una flessione dell’Indice di Inclusione Finanziaria in Italia e un allarme per oltre 1 milione di nuclei familiari esclusi dai circuiti ufficiali: circa 2,3 milioni di individui non bancarizzati, con diversi profili di fragilità, rischiano di diventare terreno di caccia dell’usura.
Per invertire la tendenza serve rafforzare l’inclusione finanziaria tramite la microfinanza e la prevenzione dei default, puntando sulla sinergia tra banche e istituzioni di microfinanza, sull’educazione finanziaria, i servizi di accompagnamento e tutoraggio, ma anche su adeguamenti normativi.
Numeri a tratti allarmanti che evidenziano la necessità di allargare la disponibilità di strumenti educativi, culturali e finanziari per migliorare l’accesso ai servizi finanziari di base e al credito degli italiani.
È quanto emerge dal rapporto “Inclusione finanziaria e microcredito. Con le comunità per contrastare la povertà e l’esclusione”, presentato oggi a Roma durante una tavola rotonda coordinata da Carlo Borgomeo (presidente di c.borgomeo&co.) a cui hanno preso parte Magda Bianco (capo del dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria di Banca d’Italia) e Giampietro Pizzo (presidente di RITMI), con le conclusioni affidate ad Anna Fasano (presidente di Banca Etica).
Il documento, pubblicato da Fondazione Finanza Etica, incorpora la 5° indagine sull’inclusione finanziaria realizzata da Banca Etica e la 17° edizione del Rapporto sul microcredito in Italia curata da c.borgomeo&co. , analizzando una mole di dati proveniente da fonti istituzionali (Banca d’Italia e Istat) e dai contributi delle organizzazioni coinvolte: ad esempio l’analisi della condizione di inclusione finanziaria nelle diverse aree d’Italia, realizzata utilizzando l’Indice di Inclusione Finanziaria ideato da Banca Etica, e l’approfondimento effettuato da Ritmi e c.borgomeo&co. sulla presenza territoriale degli interventi di microcredito, arricchito da una rassegna dei progetti realizzati in Italia nell’ultimo anno.
4,4% delle famiglie senza conto corrente, Sud e isole indietro su mutui e prestiti
Dietro i numeri del rapporto si nascondono storie di migliaia di persone e di famiglie spesso in condizioni di estrema fragilità e che non hanno accesso a risorse economiche sufficienti. Sulla base dei dati sui bilanci delle famiglie di Banca d’Italia si riscontra che al 2020 ben il 4,4% delle famiglie italiane non possiede un conto di deposito di nessun tipo, cioè non ha accesso a strumenti finanziari di base, siano essi di risparmio o di pagamento.
Ciò si traduce nella stima di circa 1,1 milioni di nuclei familiari totalmente esclusi finanziariamente, pari a 2,3 milioni di individui.
Il dato aggregato è superiore alla media europea e diventa seriamente allarmante se si analizzano i dati regionali.
Fra le famiglie finanziariamente escluse, il 78,2% vive nel Mezzogiorno.
Se si prende poi in esame la quota di esclusione alla richiesta di mutui e prestiti (rifiuti e pratiche incomplete), il Sud del Paese e le Isole fanno segnare rispettivamente tassi del 43% e del 39%, a fronte di un dato nazionale del 21%, per una dinamica che si conferma anche leggendo i numeri della raccolta rispetto agli impieghi, con il Mezzogiorno che mostra una sperequazione tra le due voci, beneficiando solo del 15% degli impieghi contro un 19,2% di raccolta sul totale nazionale, richiamando dunque gli istituti di credito ad attuare processi di riequilibrio.
Ad evidenziare le difficoltà registrate da famiglie e imprese nell’accesso ai servizi finanziari interviene l’Indice di Inclusione Finanziaria elaborato da Banca Etica: nel 2021 si è registrato un peggioramento di ben 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
E le proiezioni sul 2022 prefigurano un ulteriore lieve calo dello -0,7% rispetto al 2021.
Chi resta fuori, nel deserto bancario
La permanente difficoltà di accesso al credito da parte dei cosiddetti soggetti non bancarizzati risente anche della crescente desertificazione bancaria: nel 2022 in Italia hanno chiuso 554 sportelli bancari (-2,6%).
Quattro milioni di persone vivono oggi in un Comune senza alcuna filiale, 6 milioni in località con un solo sportello a disposizione (dati FABI e Osservatorio sulla desertificazione bancaria di First Cisl).
Sono dati che fotografano una caduta verticale della presenza di presidi “istituzionali” del credito sui territori, peraltro sempre più interessati da forme rischiose e speculative di finanziamento (come la cosiddetta “cessione del quinto”, strumento talvolta utile, il cui impiego impone d’altro canto grande cautela) oppure rappresentati da società finanziarie borderline, attive ai margini del perimetro più vigilato e formalizzato.
In un simile scenario, lavoratori precari e working poors, donne vittime di violenza diventano i target tristemente privilegiati dell’esclusione finanziaria.
Sono d’altra parte crescenti anche i fenomeni di vera e propria espulsione dal sistema: una dilagante e sempre più allarmante situazione di sovraindebitamento, se non prontamente contrastata, è infatti destinata a espellere dal sistema finanziario milioni di persone, con il rischio di alimentare circuiti di finanziamento illegali legati alla criminalità organizzata.
Le risposte del microcredito e il nuovo assetto normativo
Una delle risposte a questa situazione può venire dal microcredito: la ricerca rileva come, nel corso del 2022 sono stati concessi microprestiti a 15.679 beneficiari, per un ammontare complessivo di quasi 214 milioni di euro, grazie al lavoro di promozione di 130 soggetti.
Lo strumento, che nelle sue varie forme (microcredito produttivo; microcredito sociale; microcredito per gli studenti; microcredito antiusura) si presta a favorire l’inclusione finanziaria e il contrasto alla povertà, mostra peculiarità e limiti.
Da un lato si registra una riduzione di impiego del microcredito sociale, dall’altro il microcredito d’impresa favorisce i giovani (la popolazione under 30 copre l’83% di questi finanziamenti nel 2022) ma non raggiunge la popolazione straniera e migrante (2%). E il divario di genere rimane: solo il 40% dei microcrediti erogati è diretto alle donne.
Il 12 gennaio 2024, tramite Decreto Ministeriale, la normativa che regola gli operatori di microcredito ex art. 111 del TUB ha subito modifiche sostanziali. La più rilevante è senz’altro l’aumento dei massimali consentiti per il finanziamento di microcredito, portati fino a 75 mila euro (100mila euro per i crediti concessi a srl).
Il microcredito è stato esteso, inoltre, alle imprese già in attività – non solo in fase di avvio e di sviluppo – e oggi include tra i finanziabili anche le piccole imprese con un massimo di 10 addetti. La normativa del microcredito sociale e i sistemi di provvista finanziaria agli operatori non sono stati invece oggetto di quelle revisioni che sarebbero necessarie per uno sviluppo organico ed effettivo del settore, ma le implicazioni del nuovo assetto sono comunque molteplici e saranno oggetto di analisi e iniziative dedicate da parte della Rete Italiana di Microfinanza.
Le strade per frenare l’esclusione: educazione finanziaria, microcredito e sinergie con le banche
La ricerca, riporta altre analisi di dati e di scenario, riflessioni e confronti con il panorama dell’accesso ai servizi finanziari in diversi Paesi, e propone anche quali strade andrebbero battute maggiormente per modificare gli andamenti negativi. Innanzitutto quella dell’azione capillare di prevenzione: l’educazione finanziaria è infatti la premessa per rafforzare le capacità di scelta e di gestione delle risorse finanziarie da parte delle famiglie e delle imprese. In secondo luogo quella dello sviluppo di strutture sul territorio in grado di riconoscere le problematiche legate al fenomeno di sovraindebitamento (difficoltà sociali, economiche e psicologiche) per orientare la persona verso i servizi di assistenza più adatti. Infine, favorire la predisposizione di strumenti finanziari e legali che possano condurre verso la risoluzione del problema: in alcuni casi con la ristrutturazione della posizione debitoria, in altri attraverso una procedura di cancellazione del debito come previsto dalla normativa italiana.
A ciò si aggiunge l’opportunità di rafforzare le relazioni tra attività bancarie tradizionali ed enti di microcredito, nonché di garantire il pieno inserimento del tema nella strategia degli stessi istituti bancari e di potenziare i servizi non finanziari di formazione, coaching e mentoring.
E si segnala infine, l’esperienza delle banche etiche (Banca Etica in Italia è la prima e l’unica di questo genere), che mostrano come gli istituti di credito possano veicolare la raccolta di risparmio verso progetti mirati e verso attori dell’economia sociale che supportano le persone in condizioni di fragilità, favorendo così percorsi di prevenzione dei default.
Banca Etica è la prima e tuttora unica banca italiana interamente dedita alla finanza etica, opera da 24 anni su tutto il territorio nazionale attraverso una rete di filiali e consulenti e grazie ai servizi di home e mobile banking. Banca Etica raccoglie il risparmio di organizzazioni e cittadini responsabili e lo utilizza interamente per finanziare progetti finalizzati al benessere collettivo. Oggi Banca Etica conta 47 mila soci e 92 milioni di capitale sociale; una raccolta di risparmio di oltre 2,4 miliardi di euro e finanziamenti per circa 1,2 miliardi di euro a favore di iniziative di organizzazioni, famiglie e imprese nei settori della cooperazione e innovazione sociale, cooperazione internazionale, cultura e qualità della vita, tutela dell’ambiente, turismo responsabile, agricoltura biologica, diritto alla casa, legalità. Banca etica aderisce ai principali network internazionali della finanza etica: Global Alliance for Banking on Values (GABV) e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (Febea).
Il Gruppo Banca Etica include Etica Sgr, società di gestione del risparmio che propone esclusivamente fondi comuni di investimento etici, Fondazione Finanza Etica, che promuove iniziative di studio e sensibilizzazione sull’educazione critica alla finanza, e CreSud che offre risorse finanziarie e servizi di assistenza a organizzazioni di microfinanza, produttori di commercio equo e sostenibile, associazioni e ONG in America Latina, Africa ed Asia.
c.borgomeo&co. Grande trasparenza, capacità di formulare soluzioni innovative, esperienza consolidata: questi i punti di forza della società c.borgomeo& co, fondata nel 2002 da Carlo Borgomeo e Marco Vitale, che da oltre vent’anni eroga servizi di consulenza ad Imprese, Pubbliche Amministrazioni, Enti del Terzo settore, Associazioni e Organizzazioni operanti in vari settori.
Tra le attività della società merita apposita menzione il Rapporto annuale sul microcredito in Italia, pubblicato per la prima volta nel 2005, che costituisce la più significativa base di dati disponibile in materia. In tema di microcredito la società ha elaborato, inoltre, numerosi progetti esecutivi calibrati sulle reali esigenze dei committenti.
RITMI Rete Italiana di Microfinanza e Inclusione Finanziaria, nata nel 2008, è un’associazione senza fini di lucro impegnata nella lotta all’esclusione sociale e finanziaria. All’interno della Rete si sviluppano attività volte alla creazione di nuova imprenditorialità, sostegno alle imprese, promozione delle pari opportunità, lotta al sovraindebitamento e iniziative di educazione finanziaria.
Con il fine di dare maggiore visibilità al microcredito e alla microfinanza, RITMI lavora attivamente per favorire il dialogo con la società e le istituzioni, anche con azioni volte a incidere sulla legislazione specifica.