Solo la crescita può rilanciare occupazione. La crisi che negli ultimi cinque anni ha cambiato radicalmente il panorama economico mondiale, ha presentato al Nord Est un conto particolarmente salato: oltre 100mila posizioni da dipendente sono state “bruciate” tra il 2008 e il 2012 manifattura e costruzioni. In termini occupazionali il Nord Est sta vivendo la fase più critica del suo periodo recente. Emergono primi segnali di sviluppo ancora però troppo deboli.
È uno scenario di forte discontinuità quello emerso dal focus che Fondazione Nord Est ha dedicato al mercato del lavoro in vista della giornata del 1° Maggio. L’ex “locomotiva” d’Italia ha perso i pezzi nei comparti che in passato erano stati fortemente trainanti, con -28.000 (-18,7%) dipendenti nelle costruzioni e -75.500 (-10,6%) nel manifatturiero.
L’impatto della crisi si è tradotto dal punto di vista delle posizioni professionali in una progressiva riduzione della richiesta di figure operaie (-65.000 il saldo tra assunzioni e cessazioni tra il 2009 e il 2013) di cui il manifatturiero emerso dalla crisi non avrà più bisogno.
La discontinuità si conferma nella crescita di occupazione registrata nel settore dei servizi per le imprese mirati all’internazionalizzazione, alla comunicazione e alla trasformazione digitale (+6.500 dipendenti), indispensabili alla ristrutturazione del manifatturiero.
Sono cresciute così anche le opportunità per le posizioni a maggior valore aggiunto, indispensabili nei settori emergenti, e per le professioni qualificate dei servizi (alberghi e ristorazione) che hanno registrato una crescita nel quinquennio della crisi (+3.255 il saldo occupazionale).
Alberghi e ristorazione, infatti, hanno mostrato nel Nord Est una crescita di 15.000 dipendenti (+11,2%), più contenuta rispetto ad altre macroaree del Paese e dunque potenzialmente incrementabile per un territorio turisticamente favorito dal punto di vista naturale e culturale qual è il Nord Est.
Questi segni positivi, tuttavia, non sono in grado di bilanciare la perdita dei settori in passato trainanti e il Nord Est, che ha perso oltre 63mila posizioni di lavoro, si trova a dover affrontare e dare una risposta a una crescita, mai sperimentata prima, delle persone in cerca di occupazione a causa della perdita del lavoro o costrette per la prima volta a dover contribuire al reddito familiare.
Segnale di questo malessere sociale è il raddoppio (dal 4,3 al 9,1%) in cinque anni del tasso di occupazione.
«L’unico vero obiettivo che ci si deve porre è la crescita – ha spiegato il presidente della Fondazione Francesco Peghin -.
Solo focalizzando gli sforzi su una nuova traiettoria di politica economica che ponga al centro lo sviluppo si potrà creare nuovo lavoro».
Il confronto su scala continentale indica la strada: «Mentre il Nord Est e la Cataluña perdono occupati, il Rhône Alpes recupera la caduta del 2009 e in Germania Baden Württemberg e Bayern crescono.
È evidente la ricetta a cui le nuove linee di lavoro per l’Europa dovrà rifarsi», rilancia Peghin con un occhio rivolto alle prossime elezioni Europee. «È necessario facilitare le nostre imprese – conclude Peghin – che ormai competono in una arena competitiva globale, liberandole da quei fardelli burocratici che le limitano nel loro ruolo di motori di sviluppo e di opportunità di lavoro».
IL NORD EST E LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE
Da alcuni anni, il Nord Est non è più sinonimo di dinamiche in positivo. Anzi, uno sguardo ai dati di lungo periodo riferiti al mercato del lavoro rivela che questo territorio sta vivendo la fase forse più critica del suo periodo recente: nella fascia d’età 15-24 anni, ad esempio, la disoccupazione giovanile nel complesso delle regioni nordestine ha toccato il 23,5%, il 9,8% in quella 25-34 anni.
Questi dati confermano come per i giovani il ridursi di occasioni occupazionali si traduca in una maggiore difficoltà di ingresso e permanenza nel mercato del lavoro.
SEGNALI PER UN NUOVO SCENARIO
Pur nel contesto della crisi, stanno emergendo segnali importanti per un nuovo orizzonte di crescita occupazionale che raccontano di nuove imprese, nuovi settori e nuove professioni. “Le imprese che nel 2013 hanno creato nuova occupazione sono in particolare quelle che operano con i mercati internazionali.
L’internazionalizzazione diventa così veicolo per la creazione di nuovi posti di lavoro che saranno rivolti a nuovi profili professionali qualificati – ha spiegato il direttore scientifico di Fondazione Nord Est, Stefano Micelli -.
Tra i settori in crescita spiccano quelli del Made in Italy: la concia, l’oreficeria, la meccanica strumentale, il design.
Un altro comparto in crescita è quello dell’agroindustria, in cui il caso del vino rappresenta l’emblema della capacità di far crescere – attraverso la cultura, le tecnologie, la comunicazione, il rapporto con il territorio, oltre a nuove forme e luoghi di lavoro – il valore dei prodotti realizzati creando così anche nuove opportunità di occupazione qualificata”.